Recensione: Solo Dio perdona
- cineteque
- 9 gen 2018
- Tempo di lettura: 3 min

Titolo originale: Only God Forgives Lingua originale: inglese Paese di produzione: Francia, Danimarca Anno: 2013 Durata: 90 min. Genere: thriller, drammatico Regia: Nicolas Winding Refn
Trama: Julian allena pugili di thai boxe a Bangkok perchè ha ucciso il padre e non gli è rimasto altro se non fuggire dall'America dove la madre è a capo di un'organizzazione mafiosa. Suo fratello l'ha seguito ma non si è adattato alla vita locale e l'ennesima prostituta massacrata è il suo biglietto per l'obitorio. La cosa non è tollerabile e il capofamiglia si trasferisce a Bangkok intenzionata a fare giustizia a modo suo. Le regole di Bangkok non sono però quelle americane e la catena di vendette si interrompe subito quando tocca ad un poliziotto in pensione abile maneggiatore di spade che risponde al sangue con più sangue. In un mondo in cui tutti sono mobilitati per vendetta il più inadeguato però appare essere proprio Julian.
"Wanna fight?"
A differenza dei film fino ad ora recensiti, "Only God forgives" è quello che ho apprezzato di meno. Non lo ritengo un film da buttare, ma sicuramente basta ed avanza una visione.
Il film è un tripudio del rosso. In quasi ogni scena il colore rosso è sempre presente.
E devo dire che non dispiace. Il rosso è l'espressione della violenza e della passione e sicuramente è stata una scelta azzeccata.

La storia è semplice e, come un film di Refn che si rispetti, i dialoghi sono ridotti al minimo.
Sicuramente si è ispirato al genere western e gangster, ma non è uscito un filmone.
Si vede la mano del regista, le inquadrature sono semplici e assolutamente perfette in simmetrie e profondità di campo. L'attenzione ai valori tonali non è da sottovalutare quando ci si trova davanti ad un film in cui la trama è quasi del tutto assente.
Piccola precisazione: per quanto mi riguarda un film non deve avere per forza una trama.
Mi spiego meglio: un buon film non si giudica solamente del valore della narrazione, ma anche da come è costruito scenograficamente. Come già detto nelle altre recensioni, a Refn non importa tanto "cosa raccontare" ma "come si racconta".
Il problema di questo film è che c'è veramente troppo poca trama ed il tutto sembra apparirci senza un senso.
Anche qui c'è da precisare che ci sono registi come David Lynch o Gaspar Noé che hanno basato tutta la loro filmografia sul nosense. Ma comunque rimane il fatto che anche dietro le scene senza un senso, c'è sempre un senso.
Ciò che non ho trovato in questo film non è tanto il senso, ma il motivo per così tante scene che sarebbero potute essere omesse. Alla fine il vero film poteva essere ridotto a dieci minuti se si ometteva la parte artistica, e a un'oretta se si ometteva la parte narrativa.
Come dicevo prima parlando dei colori, il rosso può essere significativo quando si decide di esprimere sentimenti come rabbia o amore. La passione infatti è un elemento portante del film, che però viene quasi sempre associato ad un mondo di violenza, portando la trama verso la prostituzione e lo sfruttamento.
Ci sono carrellate lunghissime in un bordello, dove la passione diventa vera e propria arte espressiva.

La mia scena preferita pone del tutto l'attenzione su delle mani che si stringono in dei pugni.
E' un dettaglio che mi ha colpita veramente tanto, a tal punto dal realizzare alcune mie foto prendendo ispirazione soltanto da questa scena. Penso sia veramente meravigliosa: delle mani riprese dall'alto perfettamente centrate con una forte luce rossastra che crea dei contrasti spettacolari.

Come film non è molto forte, certo ci sono scene crude e violente, ma penso sia davvero alla portata di tutti. Non me la sentirei mai e poi mai di bocciarlo, ma prima di consigliarlo aspetterei veramente tanto. E' veramente particolare e sicuramente non è una pellicola che possono apprezzare in molti.
Voto: 6,5/10
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